Gianluca Arcopinto

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Perchè Corso Salani non c’è più?!

Domenica scorsa a Locarno, al Festival del cinema, in una tavola rotonda molto raccolta, con l’unica sbavatura di due  presenze arroganti e  figlie di un marketing che a lui non è mai piaciuto, abbiamo ricordato Corso Salani e il suo modo speciale di fare cinema. Accanto a produttori, critici e signore ingombranti, c’erano anche la moglie Margherita e il fratello Jacopo, che si muove, ride e parla proprio come Corso. In un anno in cui il caso mi ha procurato tante assenze per me importanti, quella di Corso è l’unica, quando ne parlo,  che riesce a strozzarmi la voce, inceppare le parole e riempire gli occhi di lacrime, perché per me non era semplicemente un regista con cui ho condiviso tanti sogni, ma soprattutto una persona, una brava persona, con cui mi piaceva dividere il tempo, sempre troppo poco.

Corso in una sera di giugno, di questo giugno 2010, passeggiando sul lungomare di Ostia con Margherita, è morto. E’  morto davanti al mare, che se qualcuno ci crede, è il posto migliore per iniziare un altro viaggio. Io non ci credo. E allora quando mi hanno detto quello che era successo, in prossimità di un autogrill in cui sicuramente ci eravamo fermati, io e Corso, in uno dei nostri viaggi notturni a cercare di soddisfare la curiosità e la passione di un fare cinema autonomo in cui lui soprattutto era unico, io ho pianto, di dolore vero.
Perché Corso non c’è più.

Sì, mi dicono rimangono le storie che Corso ha raccontato. I suoi film, i suoi appunti filmati, le sue parole scritte.
Sì, mi dicono rimangono i ricordi delle cose vissute insieme. Corso che fa il dirigente accompagnatore nella Pablo, la mitica squadra calcistica di cineasti inventata da me; le partite della Fiorentina viste insieme alla tv, perché a me romanista mi faceva ridere Corso che tifava imprecando in toscano; le mie fughe notturne da un set per raggiungere mia moglie, che solo io sapevo allora che già portava dentro di sé mio figlio Luca, quello a cui, quando è nato, Corso ha regalato l’accappatoio con su ricamato il nome e lo scudetto della Pablo; i panini sempre uguali degli autogrill; i chilometri infiniti per andare a presentare i film nei posti più sperduti d’Italia; la campagna elettorale di Nichi Vendola filmata insieme.
Sì, mi dicono rimane un messaggio e un modo di vivere che Corso si portava dietro e che forse bisogna continuare a fare in modo che chi non lo ha conosciuto conosca.
Sì, ditemi quello che volete.

Ma io stasera vorrei stare con lui davanti a  quel mare a progettare un nuovo viaggio di Corso.
“Troviamo cinquemila euro e parto!”
“E fai un lungometraggio?”
“Certo. Il problema è che sarà meglio di quello precedente”
No, non ci credo.

Eppure domenica, dopo la tavola rotonda, parlando con Jacopo ho capito che l’atteggiamento giusto non deve essere questo. Perché Jacopo, incredibilmente simile a Corso, mi ha parlato di futuro. Ricordare Corso, costituire una Fondazione a lui intitolata, significa regalare a Corso, e forse a Margherita, e forse alla mamma e ai fratelli di Corso, un futuro, da condividere anche con Corso. Con le tue parole pacate e il tuo sguardo dolce mi hai convinto, Jacopo. Sto con te.
E allora mi sono avviato più sollevato verso la stazione per tornare a Roma. Mentre andavo ho visto Jacopo e Margherita che entravano in un bar, tenendosi per mano. Da dietro, Jacopo sembrava Corso.

E allora ho liberato di nuovo le lacrime che attentavano il mio sguardo.
Ma stranamente ero felice.

 

Pubblicato su Il fatto quotidiano, l'11 agosto 2010

 

Why is Corso Salani no longer with us?!

Last Sunday at the Locarno Film Festival, at a round table consisting of close associates and friends, with the only false note of two arrogant presences who had made their appearance thanks to a kind of marketing that he had never liked, we remembered Corso Salani and his special way of doing cinema. Alongside the producers, critics and oversized ladies, there was also his wife Margherita and his brother Jacopo, who moves, laughs and talks just like Corso. In a year which has brought me many losses of people that were important to me, the loss of Corso is the only one that block my voice when I try to speak about him. My words refuse to come out and my eyes fill up with tears, because to me he was not simply a director with whom I shared many dreams, but also a person, a good person, with whom I enjoyed sharing my time, which there was always too little of for spending with him.

During one evening last June, in 2010, while strolling along the seafront of Ostia with Margherita, Corso died. He died in front of the sea, that some people believes, is the best place to start another journey. I do not believe it. And so when they told me what had happened, in the vicinity of a motorway cafè where Corso and I had surely stopped on some occasion, during one of our night-time journeys to try to satisfy the curiosity and passion of making the independent cinema film in which he, above all, was absolutely unique, I cried, with real pain.
Because is Corso no longer with us.

Yes, as they tell me, there are still the stories that Corso told. His films, his filmed notes and various footage, his written words.
Yes, as they tell me, there are still the memories of the things we experienced together. Corso who was the travelling team organizer of “Pablo”, the football team of filmmakers that I put together, the matches of the “Fiorentina” team we watched together on TV, because it made me, the “Roma” supporter, laugh to see Corso cheering and swearing in Tuscan dialect, my nocturnal escapes from a set to meet up with my wife, who I alone knew already bore my son Luca inside her, and to whom, when he was born, Corso gave a robe with the name and the emblem of Pablo embroidered on it; the monotonous sandwiches of the motorway cafés, the endless kilometres we drive for going to present films in some of the most remote places of Italy; the election campaign of Nichi Vendola that we filmed together.
Yes, as they tell me, there is still a message and a way of life that Corso brought with him, and that perhaps we will need to maintain, so as to make sure that those who did not know him will know about it.
Yes, you can tell me what you want.

But tonight I would like to be with Corso on the seafront planning a new journey for him.
“Let’s find five thousand Euros and I’ll set off!”
“Are you going to make a film?”
“Of course. The problem is that it will be better than the last one.”
No, I don’t believe it.

Yet on Sunday, while talking with Jacopo after the round table, I understood that this cannot be the right attitude, because Jacopo, who is incredibly similar to Corso, talked to me about the future. He talked about remembering Corso and setting up a foundation named after him, which means giving a future to Corso, and perhaps to Margherita, and perhaps to Corso’s mother and brothers; a future that can also be shared with Corso. With your calm words and your charming gaze you have convinced me, Jacopo. I’m with you.
And so I set off with a more cheerful mood towards the station to return to Rome. As I walked I saw Jacopo and Margherita going into a bar, holding hands. From behind, Jacopo looked just like Corso.
And then once more I released the tears that had been threatening to come into my eyes.
But strangely I was happy.

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